La bozza della legge di bilancio, all’art. 97 rintroduce un credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi 4.0 per le imprese agricole, con l’obiettivo di sostenere la modernizzazione tecnologica e la transizione digitale delle imprese.
Il nuovo credito d’imposta 4.0 per il 2026
Il credito d’imposta di cui trattasi si applica a nuovi investimenti in beni materiali e immateriali strumentali effettuati da imprese del settore agricolo, secondo criteri analoghi a quelli previsti per gli investimenti “Industria 4.0”.
Gli investimenti devono riguardare beni strumentali nuovi, ossia beni acquistati e mai utilizzati prima, destinati a essere impiegati nell’attività produttiva dell’impresa. E’ prevista anche l’ipotesi di investimenti effettuati mediante locazione finanziaria, assumendo quale costo quello sostenuto dal locatore.
I beni non potranno essere ceduti a terzi o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di completamento degli investimenti pena la revoca del credito (l’attuale credito 4.0 prevede il 31 dicembre del secondo anno successivo alla messa in funzione del bene).
Tra gli investimenti ammessi rientrano:
- Beni materiali (Allegato A – Legge 232/2016). Trattasi di beni con dotazioni “4.0”, cioè beni con caratteristiche di automazione, interconnessione e digitalizzazione dei processi produttivi. Esempio: Trattori, mietitrebbie, macchine operatrici dotate di sistemi di guida automatica o sensori intelligenti; Impianti e macchinari con controllo digitale; impianti di trasformazione o confezionamento connessi ai sistemi aziendali.
- Beni immateriali (Allegato B – Legge 232/2016). Trattasi di software, sistemi e piattaforme digitali strettamente connessi all’utilizzo dei beni materiali 4.0, Esempio: Software per la gestione integrata dell’azienda agricola (farm management); Piattaforme di monitoraggio dati da sensori o droni; Sistemi di tracciabilità digitale delle produzioni o di certificazione di filiera.
Misura del nuovo credito d’imposta
Il nuovo credito d’imposta prevede un’aliquota pari al 40% del costo di acquisizione del bene agevolabile con un limite massimo di investimenti agevolabili pari a 1 milione di euro per impresa.
A livello nazionale la disponibilità delle risorse messe a disposizione per finanziare il credito d’imposta è limitata a 2,1 milioni di euro.
Il credito potrà essere utilizzato esclusivamente in compensazione (modello F24) ma, sulla base di altra norma contenuta nella bozza di legge di bilancio 2026 (art. 26), solo con debiti nei confronti dell’erario con esclusione quindi dei contributi INPS personali o relativi al personale dipendente
Periodo di effettuazione degli investimenti
L’agevolazione si applica agli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2026, con possibilità di arrivare fino al 30 giugno 2027, a condizione che, entro il 31 dicembre 2026, l’ordine risulti accettato dal fornitore, e sia stato pagato a titolo di acconto almeno il 20% del costo di acquisto.
Condizioni e obblighi documentali
Le imprese beneficiarie devono conservare fatture e DDT con esplicito riferimento all’art. 97 della Legge di Bilancio 2026 e ottenere la certificazione da un revisore legale o da una società di revisione, che attesti la corretta determinazione dei costi. Per le imprese non soggette a revisione obbligatoria, le spese per la certificazione sono riconosciute in aumento del credito d’imposta, fino a un massimo di 5.000 euro.
Criticità
- Le risorse disponibili sono molto esigue rispetto alle esigenze del settore (2,1 milioni di euro) e la pratica risulta più complessa rispetto alla vigente misura del 4.0 obbligando l’azienda a certificare attraverso un revisore ufficiale i costi sostenuti (sebbene il relativo costo si possa trasformare interamente in credito d’imposta).
- Limite compensazione dei crediti dal prossimo 1° luglio 2026 Rimane aperta la questione fondamentale sopra indicata inserita nella bozza di bilancio per l’anno 2026 legata all’impossibilità di utilizzare i crediti d’imposta 4.0 maturati per il pagamento in compensazione dei contributi INPS sia dell’imprenditore che dei propri dipendenti.
Su quest’ultimo punto Confagricoltura sta lavorando per richiedere di eliminare tale norma che penalizzerebbe il settore agricolo.

