In Veneto e a Treviso boom dei consumi, anche se le superfici coltivate sono ferme ancora al 5 %

In Italia il biologico vale 2,7 miliardi di euro come consumo interno e 1,6 miliardi di esportazioni. Un mercato in grande crescita, che rappresenta un’opportunità di sviluppo per l’attività agricola in un momento in cui, in molti settori, si fatica a raggiungere margini di redditività soddisfacenti. Di questo si è parlato nel convegno «Il buono del bio», organizzato da Confagricoltura Treviso e Cia, che si è svolto il 29 novembre all’hotel Maggior Consiglio di Treviso.

«Il biologico si conosce poco, ma è un’opportunità – ha detto Fabio Curto, vicepresidente di Confagricoltura Treviso, che ha portato i saluti del presidente Lodovico Giustiniani -. I soci vanno formati e vogliamo, con questo convegno, offrire una conoscenza sulle diverse opportunità che può offrire questo settore».

Durante il convegno si sono succeduti gli interventi di Paolo Parisini, presidente nazionale del settore agricoltura biologica di Confagricoltura; Antonio Sposicchi, direttore di Anabio-Cia; Ivo Nardi, titolare della cantina Perlage; Michele Marrano, responsabile agronomico di EcorNaturaSì e Vladimiro Adelmi, manager di Coop Solidal e Viviverde.

Sposicchi ha fornito alcuni dati del Sinab, il Sistema di informazione nazionale sull’agricoltura biologica del Ministero delle politiche agricole, che fotografa un settore in grande espansione. Nel Veneto sono in aumento i produttori: 1.180 nel 2015 rispetto ai 982 del 2014. La percentuale delle superfici coltivate a bio al Nord e in Veneto è ancora bassa, se è vero che non supera il 5 per cento del totale. Secondo Parisini un incremento del 30 per cento delle superfici coltivate a bio entro il 2020 è un obiettivo possibile, ma la chiave dello sviluppo futuro del biologico passa dall’esportazione: «Se riusciremo ad avere molta esportazione riusciremo ad arrivare a quote di percentuale molto buone e ad affrancarci dalla necessità di contributi con cui oggi si sostiene il settore. Non dobbiamo pensare che in territori come questi il biologico diventerà predominante, però ci possono essere delle zone particolari, soprattutto quelle vocate al vitivinicolo, nelle quali l’interesse a produrre prima uva e poi vino biologico sicuramente sarà in ascesa».

Marrano e Adelmi hanno confermato l’impennata dei consumi biologici, soprattutto per quanto riguarda i prodotti associati ai possibili benefici per l’organismo come la curcuma, lo zenzero, i mirtilli, il cavolo nero, il sedano, il peperoncino. Il settore che sta crescendo maggiormente, e che traina tutto l’universo bio, è l’ortofrutta, che segna una curva ascendente annua del 30 per cento. In generale, nel fare la spesa, il biologico viene scelto secondi i criteri della qualità, del corretto regime alimentare e del mangiare sano. Il consumatore tipo è donna, abitante in città, con un reddito superiore alla media. «La scommessa – ha detto Adelmi – è portare a consumare biologico anche il resto dei consumatori, ma occorrerà trovare un giusto equilibrio tra il giusto prezzo e le retribuzione eque per i produttori. Auspichiamo che aumentino i produttori bio italiani, perché il mercato predilige i prodotti nostrani».

Molto interessante la testimonianza di Ivo Nardi, produttore di Prosecco biologico da 32 anni: «Siamo stati i primi nella zona di Valdobbiadene ad aprire la strada nel bio – ha raccontato -. Partire così presto ci ha obbligato ad essere molto esportatori, perché allora non c’era ancora attenzione per il settore. I Paesi che oggi ci chiedono Prosecco biologico sono Nordamerica, Paesi Scandinavi e, in Europa, soprattutto Germania e Olanda. Il biologico è un modo diverso di produrre. È tipico dell’agricoltore avere paura di cambiare, ma se viene accompagnato – e qui entra in campo la grande responsabilità di consorzi e associazioni – arriva a comprendere che non vengono compromesse le produzioni e che il reddito è garantito».

Secondo Nardi le grandi aziende come i Lunelli, che producono il Ferrari e hanno una visione globale, stanno comprendendo come sta cambiando il consumatore e di conseguenza spingono verso il bio. «Anche Franciacorta si sta muovendo in questo modo e, secondo le proiezioni, tra 3 anni raggiungerà l’80 per cento di bio. Nella Marca purtroppo siamo stati assorbiti dall’enfasi per il successo del Prosecco e abbiamo dovuto gestire una crescita commerciale imponente. Però adesso la situazione si è stabilizzata e una crescita del biologico ci aiuterà a dare robustezza al nostro mercato. In particolare, per il Prosecco Valdobbiadene dobbiamo puntare sul bio distretto, perché il nostro è un tesoro paesaggistico e di biodiversità fragile e quindi richiede una produzione ancora più attenta e sostenibile. Il bio distretto ci farebbe diventare una potenza, regalandoci visibilità commerciale e di grande valore.  Ai produttori consigliamo di appoggiarsi, nel periodo di conversione, a tecnici bravi, perché ci sono agronomi con esperienza consolidata in grado di accompagnare le aziende nel percorso verso il biologico e con un’esperienza che funziona benissimo per ogni situazione e criticità. Nel mondo vitivinicolo, inoltre, c’è una sperimentazione tale da aiutare a portare a casa i raccolti, grazie anche a viti resistenti che ci regaleranno un futuro ancora più prospero».

Galleria fotografica. Click sulle immagini per ingrandire