Secondo uno studio europeo il numero è destinato a crescere se non si adotteranno misure serie Curto, presidente degli allevatori: “Prati devastati, servono interventi urgenti ed efficaci”
Nei prossimi anni il numero di cinghiali in Italia e in Europa è destinato a crescere in maniera esponenziale. Lo dice uno studio del gruppo Enetwild Consortium, che gestisce per conto di Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, un progetto a livello europeo che mira ad analizzare il rischio di trasmissione di malattie dalla fauna selvatica al bestiame e agli esseri umani. Secondo lo studio è prevedibile che, se non saranno prese in considerazione serie misure di riduzione della popolazione di cinghiali, il numero di esemplari di questa specie cresca in maniera esponenziale in Italia e in Europa, aumentando i danni e i rischi per la sicurezza alimentare e dell’incolumità delle persone.
“Il documento prende in esame i risultati scaturiti da quattro modelli di rilevazione dei dati utilizzati da alcuni Stati membri, che hanno predetto correttamente gli scenari di diffusione della popolazione dei suini bradi – dice Fabio Curto, vicepresidente di Confagricoltura Treviso e presidente degli allevatori di Confagricoltura Veneto -. Sono scenari realistici, che riscontriamo anche nel nostro territorio dove è sempre più preoccupante l’invasione di specie animali, che minaccia la tradizionale e secolare attività dell’alpeggio. Nell’intera Pedemontana trevigiana la popolazione dei cinghiali continua ad aumentare a dismisura, arrivando a contare migliaia di esemplari che stanno creando danni notevoli all’ambiente e alle attività agricole, oltre che un pericolo per le persone come si è visto con il grave incidente successo a Lodi. La stima dei danni in questi anni è di centinaia di migliaia di euro alla zootecnia e all’ambiente, ma sono da contare anche il danno idrogeologico e quello legato al turismo. Da anni segnaliamo il problema, ma le iniziative messe in campo sono state blande e poco efficaci. Auspichiamo che si definisca un piano serrato e stringente per il contenimento della fauna selvatica, con catture e abbattimenti mirati, per cercare di riportare la popolazione di ungulati entro livelli compatibili con la normale conduzione dell’attività agricola e forestale”.
Secondo quanto riporta l’Osservatorio Asaps, l’Associazione degli amici della Polizia stradale, nel 2017 si sono registrati 155 incidenti significativi con il coinvolgimento di animali, nei quali 14 persone sono morte e 205 sono rimaste seriamente ferite. In 138 casi l’incidente è avvenuto con un animale selvatico. Gli incidenti sono avvenuti soprattutto di giorno (123), e sulla rete stradale ordinaria (145). L’Italia si sta muovendo in ordine sparso e senza una puntuale politica di prevenzione, come avviene negli altri Paesi dell’Ue. La Francia ha istituito zone di depopolamento di ben 140 chilometri quadrati. Una misura presa per arginare i recenti casi di peste suina in Belgio, ma che fanno parte di un piano generale di prevenzione che andrebbe approvato urgentemente anche in Italia.