Treviso, 8 marzo 2016 – Sala strapiena nella biblioteca di Vedelago in provincia di Treviso, martedì 8 marzo, per l’incontro organizzato da Confagricoltura Treviso e Cia sulla crisi del latte, che nel 2015 ha portato alla chiusura di 431 stalle in Veneto, di cui 135 in provincia di Treviso

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Oltre 150 gli allevatori provenienti da tutto il Veneto, che hanno manifestato rabbia e preoccupazione per una situazione diventata drammatica l’anno scorso, quando la fine delle quote latte ha portato a un’eccedenza di prodotto in tutta Europa e al conseguente crollo dei prezzi. In platea molti anche gli esponenti sindacali e politici, che hanno espresso solidarietà agli allevatori.

Temi dell’incontro di oggi erano l’aggregazione e l’unità, sia a livello commerciale, sia a livello sindacale, come chiave di volta per uscire da una crisi sempre più drammatica, con gli allevatori pagati anche 30 centesimi e il timore di restare senza lavoro dopo la raccomandata inviata ad alcuni da latterie e industrie nella quale viene annunciato che il latte non verrà più ritirato dal 1 di aprile.

Fabio Curto, presidente della sezione lattiero casearia di Confagricoltura Veneto, ha esortato i produttori a tenere duro e guardare avanti: “Il momento è difficilissimo, ma dobbiamo rimanere uniti e guardare ad esperienze aggregative che possono indicarci la via giusta per avere ancora un futuro. Niente bandiere oggi, perché in un momento così difficile l’unità è indispensabile per portare avanti istanze che sostengano il settore. Alla politica, sia a livello regionale che nazionale, chiediamo interventi di sostegno indispensabili per non farci chiudere i battenti e una tutela del nostro prodotto, oltre a regole certe che mettano in ordine un mercato che dopo la fine delle quote latte è nel caos”.

Lodovico Giustiniani, presidente di Confagricoltura Treviso e dell’Ava, associazione veneta allevatori, ha puntato il dito contro la politica: “Stiamo vivendo la tempesta perfetta. C’è un calo dei consumi a livello mondiale e più produzione. In questo quadro è mancata una politica a livello comunitario che prevedesse un atterraggio morbido nel post quote latte. Servono misure urgenti se l’Italia e l’Europa non vogliono perdere il comparto, altrimenti ci dicano chiaro e tondo che il latte non è più un settore strategico”.

Per Terenzio Borga, presidente di Aprolav, l’associazione veneta dei produttori di latte che riunisce oltre 3500 allevatori, “ci sono grandi responsabilità in quello che stiamo vivendo. Gli eroparlamentari si sono dimostrati dei perfetti incapaci nel trattare la nostra economia. Il risultato? Latterie e industrie oggi offrono ai produttori cifre inaccettabili come 27 centesimi al litro. Prendere o lasciare”.

Paolo Casagrande, ex Cobas, individua nella grave crisi di oggi “l’embargo russo, che ha prodotto danni spaventosi per tutta l’agricoltura, e le scelte politiche dei governi, che hanno addossato ai produttori 70 milioni in multe. Ora guardiamo con ansia al 14 marzo, data in cui si riunirà sul tema il Consiglio Europeo: vedremo se Bruxelles avrà il coraggio di riconoscere lo stato di crisi per il settore”.

Molte le polemiche contro Coldiretti, che nei giorni scorsi ha dichiarato di non volere l’alleanza con le altre associazioni che, a suo dire, non avrebbero un progetto chiaro. Caustico Roberto Santomaso, ex direttore dell’Ava di Treviso: “Qual è il progetto chiaro di Coldiretti? Quello di aver occupato tanti posti di comando?”. Durissimo anche Nazareno Gerolimetto, consigliere regionale ed ex dirigente Coldiretti: “Le associazioni sbagliano a non essere unite. Fa male chi si sfila e va da solo, come ha fatto pochi giorni fa il direttore di Coldiretti”. Quindi una bordata a chi fa made in Italy con prodotti di altri Paesi: “Abbiamo latterie che fanno prodotti italiani con solo il 10 per cento di latte nostro. Non è giusto sfruttare la nostra italianità per regalarla agli stranieri. La globalizzazione è fallita, ognuno protegge i propri produttor. Purtroppo nessuno difende noi”.

All’incontro erano stati invitati tre esponenti di alcune importanti realtà aggregative italiane della cooperazione lattiero casearia, che in Italia vanta grandi numeri: 800 cooperative, 6,8 miliardi di fatturato, 12.899 addetti.

Nisio Paganin, direttore generale di Agriform, ha illustrato le cifre nell’export di formaggi della cooperativa, ma ha chiarito che senza regole rischia di crollare tutto: “L’aumento della produzione di latte ha influito negativamente sui prezzi, facendo perdere il 25 per cento del valore. La politica può fare molte cose: congelare i mutui delle aziende agricole, dare contributi e finanziare progetti di promozione”.

Marco Ottolini, direttore di Aop Italia, che riunisce alcune organizzazioni di prodotto raggiungendo una quota pari al 10 per cento del latte italiano, ha chiarito che creare una grande organizzazione per raccogliere un grande volume di produzione è “l’unica possibilità che ha l’Italia per uscire dalla crisi. In Europa è una strada già battuta: in Danimarca e in Olanda esistono già grandi strutture aggregative, che raccolgono il latte e lo commercializzano”.

Adonis Bettoni, consigliere di amministrazione di Granarolo, ha snocciolato i numeri della cooperativa Granlatte, che raccoglie 643 aziende, di cui 28 in Veneto. “In Italia siamo troppo parcellizzati. Piccolo è bello ma non sempre. Dobbiamo fare massa critica ed entrare in nuovi mercati, anche esteri. Non stiamo fermi in questo momento di difficoltà: muoviamoci e innoviamo: la grande espansione dei prodotti senza lattosio è un ottimo esempio di come la diversificazione e le idee possano essere strade vincenti”.

Laura Lorenzini
Giornalista e ufficio stampa