Trevigiano di Zero Branco, è il più giovane eletto ai vertici del settore “La carne italiana è tra le top five in termini di qualità e controllo. Bisogna puntare sull’export nei Paesi asiatici e denunciare chi denigra i nostri allevamenti”

Confagricoltura elegge per la prima volta un allevatore veneto ai vertici del settore suini. Si tratta di Rudy Milani, 43 anni, trevigiano di Zero Branco, nominato nuovo presidente della federazione nazionale di settore. È il più giovane eletto al top nazionale di Confagricoltura sul fronte allevatori, ma vanta già una notevole esperienza in ambito sindacale: da dieci anni è presidente dei suinicoltori di Confagricoltura sia regionale che della Marca.

Titolare di un allevamento che conta 440 scrofe a ciclo chiuso, Milani è chiamato a occuparsi di un settore messo a dura prova dall’emergenza Covid, ma con tutte le carte in regola per competere sul mercato mondiale: “La carne suina italiana è tra le top five in termini di qualità e di controlli insieme a Germania, Danimarca, Spagna e Olanda – sottolinea -. Nell’ultimo decennio il settore ha compiuto passi da gigante in termini di attenzione al benessere animale e ambientale, con un adeguamento di allevamenti piccoli e grandi agli elevati standard dettati dalla normativa e l’importante sfida vinta sul fronte antibiotici, con una riduzione che in media tocca il 40 per cento ma arriva a punte dell’80 per cento. In termini ambientali il lockdown ha messo in evidenza come l’agricoltura abbia avuto un’incidenza alquanto marginale sull’inquinamento globale, in merito al quale eravamo finiti ingiustamente sul banco degli imputati. Gli allevamenti continuano a essere screditati, con immagini raccolte in maniera fraudolenta di notte, per battaglie puramente ideologiche, e noi siamo pronti a denunciare chi diffonderà notizie false e diffamatorie, comprese le menzogne pubblicate su alcuni libri scolastici in merito agli allevamenti intensivi. La realtà è che dagli allevamenti rurali del passato siamo arrivati ad avere aziende grandi e specializzate, dove il benessere degli animali è la priorità degli allevatori”.

Molte le problematiche che il settore è chiamato ad affrontare. La suinicoltura italiana, legata alla salumeria dop, è andata in crisi per il lockdown e nel 2020 la chiusura del canale Horeca ha fatto crollare del 40 per cento i consumi totali. I costi di produzione sono in aumento, mentre i prezzi sono in caduta libera. “Raccolgo il testimone dal presidente uscente, il romagnolo Claudio Canali, per portare avanti le istanze già ottimamente seguite, come il sistema di certificazione di qualità nazionale che riguarderà tutto il comparto zootecnico – spiega Milani -, e le sfide come la necessità di essere più incisivi per quanto riguarda l’export, che assumerà un ruolo importante soprattutto nei Paesi asiatici. Dovremo inoltre batterci per il controllo della fauna selvatica, data la diffusione rapida in Europa della peste suina, che non contagia l’uomo ma si propaga velocemente anche tramite gli animali selvatici come i cinghiali. Il numero degli ungulati è fuori controllo e causa danni enormi ai raccolti, oltre che rischi per l’incolumità umana. Bisogna adottare misure di contenimento efficaci, con catture e abbattimenti mirati, per evitare il diffondersi di una malattia catastrofica come la peste suina negli allevamenti, che comporta l’abbattimento immediato di tutti i capi e il blocco delle esportazioni di carni suine e derivati. Il malaugurato diffondersi di un’epidemia di peste suina in Italia condannerebbe a morte le aziende di allevamento e una quota importante dell’export agroalimentare nazionale, che vale 8 miliardi”.

Il Veneto è la quarta regione italiana per produzione di carne suina, con 250.000 capi da ingrasso annui, e genera un’occupazione e un indotto di grande rilevanza. Gli allevamenti professionali e inseriti nella filiera dop sono circa 300.