Il Presidente di Confagricoltura Mario Guidi a Treviso: “L’incantesimo del Prosecco non può essere rotto da una politica comunitaria miope.  No alla liberalizzazione degli impianti”
 “In questa terra si vive un incantesimo, quello di un vino come il Prosecco, che qui trova la massima espressione nella Docg Conegliano Valdobbiadene Superiore con un primato invidiabile tra le bollicine. Un risultato a cui si è arrivati lavorando duramente, ma il successo non si è fatto attendere. Ho letto i dati: negli ultimi sette anni la denominazione è cresciuta di oltre il 40%. Quasi il 37% della produzione viene esportata. Tra queste magiche colline si è affermato un nuovo stile di bere a livello nazionale ed internazionale”. Lo ha sottolineato il presidente nazionale di Confagricoltura Mario Guidi intervenendo oggi all’assemblea degli associati di Treviso (che si è tenuta a Castello di San Salvatore a Susegana).
“Il successo di questo prodotto, che non conosce crisi, insieme a quello del Prosecco Doc (140 milioni di bottiglie in una più vasta area di produzione), è dovuto alle capacità imprenditoriali, alla valorizzazione del territorio, all’aver puntato sulla qualità come arma vincente per conquistare i mercati – ha proseguito Mario Guidi -. La storia del Prosecco è emblematica: valorizzare le tradizioni, ma anche innovare, mettendo a punto un metodo di spumantizzazione che rielabora in modo originale quello italiano”.
“Quell’incantesimo che si è creato in questo territorio non può essere rotto da una politica comunitaria miope. Se passasse la proposta di Bruxelles di eliminare i diritti di impianto, si andrebbe verso l’ingovernabilità del sistema vitivinicolo – ha commentato il leader della Confagricoltura -. Con conseguenze gravissime: aumento incontrollato delle superfici a denominazione d’origine, eccedenze nell’offerta, concentrazione nelle aree con costi di produzione più bassi, flessione del valore del vigneto, affermazione di una viticoltura lontana dalla nostra storia”. 
Il vino italiano punta sulla ‘rete della qualità, ovvero sulle specificità territoriali e sulla valorizzazione delle denominazioni di origine che sono fondamentali per la nostra struttura produttiva e possono essere un fattore di grande competitività. La provincia trevigiana, con una dozzina tra Doc e Docg, è un grande esempio in tal senso. “E’ indubbio il valore economico e culturale delle D.O. – ha affermato il presidente – ed è importante il ruolo dei Consorzi di tutela che, accanto alla loro attività di promozione e valorizzazione, dovrebbero forse gestire la denominazione anche sotto il profilo della programmazione delle produzioni in funzione del mercato”.