Recentemente l’Agenzia delle Entrate (interpello n. 446 del 2021) è tornata sull’argomento delle attività agricole connesse di prestazione di servizi, fornendo ulteriori precisazioni sui requisiti necessari perché dette attività non siano considerate commerciali.
Ricordiamo che secondo l’art. 2135 del Codice Civile le attività agricole connesse possono essere considerate tali se:
– sono svolte da un imprenditore che svolge attività agricole primarie, cioè di coltivazione, silvicoltura e allevamento (requisito soggettivo);
– l’attività di servizi avviene tramite l’utilizzo prevalente di attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata (requisito oggettivo).
A tali attività si applica una tassazione forfettaria: l’Irpef dovuta si calcola sul 25% dei ricavi registrati ai fini IVA; l’IVA da versare all’Erario è pari al 50% dell’IVA sulle operazioni fatturate.
Con l’interpello citato l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le risorse dell’azienda normalmente utilizzate nell’attività agricola svolta “sono da individuare tra gli elementi materiali e immateriali necessari al conseguimento dell’obiettivo aziendale. Sono quindi risorse, ad esempio, i terreni, i fabbricati, le attrezzature, il personale, il capitale, il know-how, ecc.”.
Va inoltre tenuto presente che, secondo l’Agenzia delle Entrate (Circolare n. 44/E del 2002), “per poter rientrare fra le attività connesse, l’attività di fornitura di beni o servizi da parte dell’imprenditore agricolo non deve aver assunto per dimensione, organizzazione di capitali e risorse umane, la connotazione di attività principale; in tal senso le attrezzature agricole non devono essere impiegate nell’attività connessa in misura prevalente rispetto all’utilizzo operato nell’attività agricola di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento”.