Marchesini, presidente dei viticoltori di Confagricoltura Veneto: “Spese insostenibili per contrastare i falsari di Prosecco e Amarone” Nardi, consorzio Valdobbiadene: “In tre anni cinquanta cause in Germania, Usa, Canada, Ucraina e Russia”

“In Veneto i consorzi spendono un milione di euro all’anno per intentare causa ai falsificatori stranieri dei vini veneti, in primis Prosecco e Amarone. Chiediamo aiuto al ministero, perché sono costi proibitivi e non ce la facciamo più a sostenerli”.
Alla vigilia del Vinitaly, che prenderà il via domenica prossima a Verona, il presidente dei viticoltori di Confagricoltura Veneto Christian Marchesini lancia un grido d’allarme sulla grave situazione della contraffazione all’estero di vini veneti, che sta costringendo i consorzi a intentare decine di cause per tutelare le aziende vitivinicole dal fenomeno crescente dell’italian sounding, vale a dire l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano il prodotto italiano. Una piaga che ha un costo altissimo per le aziende: due miliardi, secondo i dati di Federalimentare, il valore della contraffazione dei vini italiani, che equivale a un terzo della stima complessiva relativa alle agro-piraterie.
Le ultime new entry nel campo delle frodi alimentari riguardanti i vini veneti sono i falsi prosecchi ucraini, che i produttori etichettano con nomi assonanti come Rosecco e Secco, e un Amarone prodotto in Spagna, con etichette contraffatte e riprodotte in maniera grossolana, in vendita a un terzo dei prezzi di mercato. “Siamo alla vigilia della cinquantesima edizione del Vinitaly e il vero problema del nostro vino rimane quello legato al falso made in Italy – dice Marchesini, che è anche presidente del consorzio di tutela vini Valpolicella -. Siamo sempre più nel mirino di registrazioni fraudolente, che minano gli interessi di centinaia di aziende vitivinicole del Veneto. Attualmente i consorzi di tutela del Valpolicella e quello del prosecco viaggiano nell’ordine di cinque cause internazionali all’anno, con costi insopportabili. Basti pensare che un solo grado di giudizio per bloccare una falsa registrazione negli Stati Uniti raggiunge cifre fino a 200 mila euro.  Come consorzi fatichiamo sempre di più a gestire economicamente la situazione. Chiediamo perciò al ministero di intervenire direttamente e sostenere la protezione dei nostri brand di successo: non bastano accordi circoscritti come quello sui prodotti contraffatti con Amazon, ma servono azioni più energiche e concrete”.
Lodovico Giustiniani, vicepresidente di Confagricoltura Veneto, insiste sulla necessità della promozione e del posizionamento sui mercati per combattere la contraffazione: “Alla vigilia di questi cinquant’anni di Vinitaly le nostre denominazioni venete stanno vivendo un momento particolarmente felice – rimarca -, con il Prosecco che rappresenta un quarto di tutti i vini doc d’Italia e un trend di continua crescita. Il vigneto veneto si sta espandendo, con un salto negli ultimi anni da 65 mila ettari a 80 mila. Questo ovviamente comporta un aumento delle falsificazioni, segno che l’italian sounding piace molto e ha successo. Dobbiamo migliorare la capacità di penetrare nei mercati esteri vendendo e promuovendo i nostri marchi, garantendo il valore aggiunto come sanno fare i francesi”.
Numerosi i casi di imitazione del Prosecco e dell’Amarone negli ultimi anni: dal “Toi Toi prosecco” della Nuova Zelanda al prosecco made in Crimea, dal Prosec croato al prosecco alla spina in Inghilterra. Per questo tre anni fa nel Trevigiano è nata una società, “Sistema Prosecco”, che si occupa di tutela a 360 gradi dei vini doc e docg per conto dei tre consorzi Prosecco doc, Asolo e Valdobbiadene. “Negli ultimi tre anni sono state avviate una cinquantina di opposizioni a registrazioni di nomi che hanno un’assonanza con il prosecco – spiega Innocente Nardi, presidente del Consorzio di tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore -, con cause in Germania, Stati Uniti, Canada e, negli ultimi tempi, soprattutto Ucraina e Russia, dove proliferano decine di etichette di vini con bollicine che riportano etichette come Prozec, Secco, Rosecco e altre variazioni di assonanza con il prosecco. Un altro fronte di tutela in cui siamo molto impegnati è quello di Australia e Brasile, dove si produce prosecco illegale. E’ un’attività legale dispendiosa, che costa ai tre consorzi mezzo milione all’anno. Perciò chiediamo uno sforzo al ministero dello Sviluppo economico, che può agire direttamente nei confronti dei Paesi terzi. In passato abbiamo ottenuto ottimi risultati grazie alle sinergie tra ministero e Unione europea, ad esempio nel caso del prosecco alla spina in Inghilterra”.