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Sono ormai più di mille i focolai confermati nel 2024 di “Blue tongue”, la lingua blu o febbre catarrale degli ovini che si sta sempre più espandendo in diverse regioni e sta minacciando il patrimonio di un importante comparto zootecnico, quello ovicaprino, mentre anche quello bovino non è indenne.

E’ un quadro oltremodo preoccupante che rileva l’improvviso aumento di casi confermati, in particolare nei mesi di agosto e settembre, e che non accenna a diminuire, mentre i focolai estinti sono solo 40.

Si tratta dell’ennesima malattia animale che minaccia il nostro potenziale produttivo zootecnico  e sul quale dobbiamo prevedere idonee contromisure a tutela dei nostri allevamenti. Insisteremo con le istituzioni competenti affinché si convochi d’urgenza un tavolo ministeriale specifico sulla problematica per definire una strategia coordinata di contenimento della malattia che includa in primo luogo provvedimenti che compensino gli allevatori e rilancino le attività degli allevamenti colpiti.

La “lingua blu” provoca improvvisi e anche diffusi contagi con la morte degli animali; si sono registrate perdite sino al 50% del patrimonio degli allevamenti, con danni diretti e indiretti ingenti. Per fronteggiare l’epidemia, che comunque non è trasmissibile all’uomo, occorre una terapia profilattica mirata con idonei vaccini e pratiche di disinfestazione e trattamenti con repellenti che evitino il proliferare dell’insetto agente della trasmissione del virus che colpisce i ruminanti.

Secondo la presidente della Federazione allevamenti ovicaprini di Confagricoltura, Angela Saba, “la situazione in alcune regioni, in particolare Sardegna, Piemonte, Calabria, Lombardia e Sicilia, è estremamente preoccupante. L’epidemia di “blue tongue” si diffonde rapidamente e da tempo non si registrava una escalation dei casi come quella attuale. Occorre una strategia comune per coordinare le azioni di prevenzione, rendendo disponibili gratuitamente e in quantità sufficienti i vaccini necessari per la profilassi dai vari sierotipi che si sono individuati, ma anche le risorse per compensare gli allevatori dalle perdite, coprendo le spese di abbattimenti e smaltimento e incentivi per ripristinare i capi che sono stati eliminati. Sono quasi 300mila ormai i capi degli allevamenti coinvolti dai focolai”.