Diotto, cunicoltori di Confagricoltura: “Non è insalubre e non danneggia i reni, la Lav fa cattiva informazione”
“Se i volontari della Lav vogliono tenere in casa i conigli e coccolarli come bambini sono liberi di farlo. Ma se sostengono che la loro carne non è salubre e danneggia i reni, allora fanno solo cattiva informazione”.
Cristiano Diotto, presidente dei cunicoltori di Confagricoltura Treviso, respinge l’attacco della Lega antivivisezione, che da Treviso ha lanciato la sua campagna nazionale contro gli allevamenti di coniglio e il consumo di carne.
“Nulla da dire sulla sensibilità personale nei confronti di questi animali – rimarca Diotto – e sul fatto che per alcune persone vengano considerati alla stregua di animali domestici. Se però entriamo nel campo delle proprietà organolettiche, allora non possiamo raccontare cose inesatte e in contrasto con quanto sostiene la scienza nutrizionista in maniera univoca. Non è vero, come sostiene la Lav, che la carne di coniglio contenga acido urico e che danneggi i reni. E’, al contrario, una carne estremamente magra, con un’ottima percentuale di proteine ad alto valore biologico e una quantità di colesterolo molto bassa. E’ facilmente assimilabile e quindi consigliata dai medici non solo ai bambini e agli anziani, ma anche agli sportivi e ai salutisti. Infine, grazie al basso contenuto di sodio, è anche l’ideale per chi ha la pressione alta”.
Diotto, in conclusione, contesta fermamente la definizione di “carne insalubre” coniata dalla Lav, ricordando che è “controllatissima da Asl e veterinari” e che forse la Lega antivivisezione la confonde con la carne di lepre: “La lepre non è coniglio, ma selvaggina. E’ più grassa ed è tra i tanti alimenti sconsigliati a persone con problemi di reni e calcoli, tra cui gli insaccati, le uova, alcuni pesci, il caffè, i liquori, il cioccolato. Come sempre è questione di quantità: tutte le proteine e i grassi, assunti in quantità elevate, provocano problemi ai reni. Ma non è certo questo il caso del coniglio, visto che in Italia il consumo medio pro capite è di due all’anno”.
Dichiarazioni mendaci e fuorvianti come quelle della Lav fanno male ad un settore che sta attraversando un periodo difficile. Negli ultimi due anni, nella Marca, il numero di allevamenti si è più che dimezzato, passando da un centinaio di aziende cunicole a circa una quarantina. “Lavoriamo in perdita perché il costo di produzione di 1,45 euro al chilo è spesso superiore al prezzo di vendita. Colpa dei costi alimentari molto alti, del calo dei consumi del 10 per cento che ha colpito tutta la carne e dell’embargo russo, che ha causato una sovrapproduzione europea con aumento dell’importazione in Italia di carne di coniglio da Spagna, Francia e Ungheria”.