La Lombardia ne ha già istituiti tre. Serviranno per fermare l’avanzata
della Peste suina africana (Psa): sono zone dove non dovrà esserci la presenza del cinghiale
In Lombardia sono partiti i distretti suinicoli, zone all’interno delle quali non dovrà esserci la presenza di alcun cinghiale, creati per fermare l’avanzata della Peste suina africana (Psa). Confagricoltura Veneto chiede che la Regione si attivi per costituirli anche sul proprio territorio, dato che la presenza dei cinghiali è diffusa e costantemente in crescita.
A lanciare la proposta dei distretti suinicoli, mirati al depopolamento dei cinghiali nelle aree a vocazione suinicola, è stato il commissario alla Psa, Vincenzo Caputo, in una riunione con i rappresentanti degli allevatori, alla quale ha partecipato anche Rudy Milani, presidente nazionale del settore di Confagricoltura, titolare di un allevamento a Zero Branco (Treviso). Caputo ha spiegato che i distretti suinicoli devono essere individuati dalle Regioni sulla base della densità di allevamento e di popolazione suinicola, ma anche in base alla presenza di aziende di macellazione e trasformazione.
“Abbiamo chiesto alla Regione Veneto di convocarci per la costituzione dei distretti suinicoli – spiega Rudy Milani -. Ad oggi non abbiamo notizie, ma auspichiamo che al più presto si faccia un tavolo con gli allevatori per poter valutare dove istituire i distretti. La Regione Lombardia ne ha individuati tre, prendendo come riferimento 300 suini a chilometro quadrato. In Veneto andrebbe considerata un’ampia fetta del territorio, dato che i cinghiali imperversano su tutta l’area pedemontana e collinare da Verona a Treviso, passando per i colli Berici ed Euganei. Oltre a gestire i distretti, bisognerà poi considerare come gestirli e mantenerli. Per eliminare i cinghiali servono, infatti, azioni concrete ed efficaci. Ne basta uno positivo per fare diventare off limits un’area di 2.000 chilometri quadrati, secondo le normative sulla Psa”.
Dal gennaio 2022 ad oggi, secondo i dati dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, sono 2.039 i casi di cinghiali positivi alla peste suina africana e 21 i focolai nei suini, con le vicine Lombardia ed Emilia-Romagna tra le regioni più colpite. “Noi allevatori viviamo con il terrore, perché ogni giorno le zone di restrizione si allargano sempre di più – incalza Milani -. Perciò l’unica forma di prevenzione è ridurre il numero dei cinghiali. Finora le azioni attuate dal governo si sono dimostrate inefficaci. La suddivisione che si vuole fare tra animali selvatici e domestici, ammesso che vada in porto, implica tempi biblici. L’economia non può aspettare anni, bisogna agire con celerità. Ricordiamo a tutti che una volta che un’area viene considerata infetta da Psa, anche la caccia al cinghiale viene bloccata”.