Si riportano di seguito le novità di maggiore interesse.

Detassazione degli investimenti (Tremonti ter – art. 5)
La norma in commento ha introdotto la detassazione dal reddito d’impresa del 50 per cento del valore degli investimenti in nuovi macchinari ed in nuove apparecchiature di cui all’elenco contenuto nella tabella Ateco, divisione 28, approvata con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. Si rammenta che il beneficio in parola riguarda i soggetti titolari di redditi d’impresa, e cioè le imprese individuali, le Snc, le Sas e le società di capitali, mentre non è applicabile ai titolari di reddito agrario, fatta eccezione, ad avviso dello scrivente ufficio, per la possibilità da parte delle Snc, Sas e Srl agricole, che hanno esercitato l’opzione per la tassazione in base al reddito agrario, di invocare la misura agevolativa, stante la natura d’impresa del reddito prodotto, sia pure determinato forfettario ai sensi dell’art. 32 del TUIR. Sul punto siamo in attesa di un necessario chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Per poter fruire dell’agevolazione, l’investimento in beni strumentali deve avvenire nel periodo decorrente dal 1/07/2009 al 30/06/2010. Sarà possibile avvalersi dell’agevolazione in commento esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti; quindi, entro il 16 giugno 2010 per gli investimenti effettuati dal 1° luglio al 31 dicembre 2009, ed entro il 16 giugno 2011 per gli investimenti effettuati  dal 1° gennaio al 30 giugno 2010. Si precisa, infine, che il beneficio in esame viene revocato se, prima del decorso del secondo periodo d’imposta successivo all’acquisto del bene oggetto di incentivo, il contribuente cede lo stesso a terzi, ovvero lo destina a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
Stessa sanzione vige per l’ipotesi in cui, senza alcuna limitazione di tempo, il bene oggetto dell’investimento venga ceduto a un soggetto avente stabile organizzazione in Paesi non aderenti allo Spazio economico europeo.

Incremento delle compensazioni dei crediti fiscali (art. 10)
Allo scopo di contrastare gli abusi, ed incrementare la liquidità delle imprese, l’art. 10 del decreto in esame ha reso più rigoroso il sistema delle compensazioni fiscali, introducendo una serie di modifiche, di seguito commentate, con decorrenza dal 1° gennaio 2010.
Con la modifica all’art. 17, del D.Lgs n. 241/97 (Mod. F24), è previsto, che la compensazione del credito IVA annuale o relativo a periodi inferiori all’anno, per importi superiori a 10 mila euro, può essere effettuata a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale o dell’istanza. Si precisa che, per poter effettuare la suddetta compensazione del credito IVA (annuale o infrannuale), è necessaria la preventiva presentazione delle relative dichiarazioni o istanze, utilizzando esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. I contribuenti che intendono, invece, utilizzare in compensazione i crediti IVA per importi  superiori a 15 mila euro, avranno l’obbligo di richiedere, in relazione alle dichiarazioni dalle quali emerge il predetto credito, l’apposizione del visto di conformità, da parte dei soggetti abilitati, tra i quali si segnalano i professionisti iscritti negli albi dei dottori commercialisti, i consulenti del lavoro, i centri di assistenza fiscale (CAF). In alternativa all’apposizione del visto di conformità, la dichiarazione annuale dalla quale emerge un credito IVA, che si vuole utilizzare in compensazione, deve essere sottoscritta, per i contribuenti per i quali è esercitato il controllo contabile di cui all’art. 2409-bis del C.C., oltre che dal rappresentante legale, anche dai soggetti che sottoscrivono la relazione di revisione. Si fa presente, inoltre, che in caso di infedele attestazione dell’esecuzione dei controlli in commento, è prevista, per i soggetti che rilasciano il visto di conformità, l’applicazione di una sanzione amministrativa da 258 euro ad 2.582 euro. E’, invece, esclusa l’ applicazione dell’istituto della “definizione agevolata” per le violazioni commesse in materia di indebite compensazioni. In particolare, si segnala che se l’indebita compensazione supera l’importo di 50 mila euro, sulla sanzione irrogata non opera la definizione agevolata, con la conseguenza che la stessa graverà in misura piena sul contribuente. Si precisa, infine, che, con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il tetto annuo per effettuare le compensazioni dei crediti fiscali può essere elevato, a valere dal 2010, a 700 mila euro, previa emanazione di un apposito decreto ministeriale, come già chiarito nella circ. conf. n. 13415 del 6/07/09.  
Si precisa, inoltre, che i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione, ovvero chiedere a rimborso il credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale, per importi superiori a 10 mila euro annui, possono non comprendere tale dichiarazione in quella unificata e procedere alla sua presentazione in forma autonoma, senza includerla nel Modello Unico. Sono, inoltre, esonerati dalla presentazione della comunicazione dei dati IVA, i contribuenti che presentano la dichiarazione annuale (in forma autonoma) entro il mese di febbraio.

Agevolazione fiscale per la capitalizzazione delle società (art. 5 comma 3 ter)
Il comma 3 ter dell’art. 5 introduce un’apposita agevolazione fiscale consistente nell’esclusione da imposizione fiscale del 3% dell’ammontare degli aumenti di capitale  in società di capitali o di persone (fino ad un massimo di 500 mila euro), perfezionati da persone fisiche.
L’agevolazione va ripartita in cinque periodi d’imposta a partire da quello in corso alla data di perfezionamento dell’aumento di capitale che deve essere eseguito entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. In ordine alla modalità di esecuzione dei conferimenti, la norma rinvia agli artt. 2342 e 2464 del C.C., in base ai quali se l’atto costitutivo non dispone diversamente, i conferimenti devono essere effettuati in denaro.

Affitto di beni agricoli di proprietà dello Stato e degli Enti pubblici (art. 4 quinquies)
Con l’art. 4 quinquies è stato attuato un intervento – di cui tanto hanno parlato gli organi di stampa del settore – diretto ad affidare in locazione terreni attualmente inutilizzati ed appartenenti al demanio.
La misura viene attuata attraverso due fasi.
La prima è diretta alla individuazione di beni liberi di proprietà dello Stato ed aventi destinazione agricola non utilizzabili per altri fini.
L’ente deputato a tale verifica è l’Agenzia del Demanio d’intesa con il Ministero delle Politiche Agricole.
La verifica, stando al tenore della norma, ha lo scopo di raggruppare in un elenco “i beni” (termine che sembra riferirsi non solo a fondi rustici ma anche a fabbricati) “aventi destinazione agricola”, “liberi” (ovvero non concessi a terzi né in affitto né ad altro titolo) “di proprietà dello Stato” (con esclusione quindi di quelli appartenenti agli enti territoriali, salvo quanto si dirà in seguito) e “non utilizzabili per altri fini istituzionali” (ovvero neanche potenzialmente fruibili per altri scopi a carattere pubblicistico).
Il termine, pur sempre ordinatorio, entro cui effettuare tale individuazione è il prossimo 3 ottobre (60 giorni dalla entrata in vigore della L. n. 102 di conversione del D.L. n. 78).
A seguito della individuazione dei beni suddetti, si verifica il loro trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato (c.d. sdemanializzazione).
La seconda fase è diretta alla cessione dei beni (così come individuati nel modo suddetto) a titolo di affitto a favore di “giovani imprenditori”.
La norma in commento, in proposito, specifica che a detti contratti si applicano le agevolazioni previste dall’art. 5 bis, co. 1 e 2, D.Lgs n. 228/2001 ovvero quelle di cui all’art. 5 bis L. n. 97/1994 cui tale norma rinvia (agevolazioni per il compendio unico): esenzione da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere; riduzione ad un sesto degli oneri notarili.
Da segnalare che tali agevolazioni, nelle norme richiamate, sono connesse all’obbligo della conduzione diretta del terreno in qualità di coltivatore diretto o di IAP per 10 anni ed al vincolo di indivisibilità per 15 anni. Andrà, tuttavia, verificato se tali vincoli torneranno applicabili anche alla fattispecie in esame di affitto a favore dei giovani imprenditori.
I giovani assegnatari possono, inoltre, accedere ai benefici di cui al capo III del titolo I, D. Lgs n. 185/2000 (finanziamento di progetti).
I contratti di affitto vengono conclusi dall’Agenzia del Demanio, “sulla base degli indirizzi adottati con Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Dobbiamo supporre che tutto ciò che la norma in commento non definisce sarà oggetto di decretazione da parte dei citati dicasteri (soggetti legittimati, criteri e modalità di assegnazione, etc. ). Da segnalare che la norma non dispone un termine entro cui il suddetto Decreto deve essere emanato e ciò non consente di formulare ipotesi in ordine ai tempi di attivazione concreta dell’intervento.
Per i beni appartenenti alle regioni e alle province autonome, la legge si limita a prevedere la possibilità che la misura venga adottata anche da tali Enti (su iniziativa degli Enti stessi), mentre, per quelli appartenenti alla generalità degli Enti pubblici statali, si prevede l’estensione della disciplina dettata per i beni dello Stato, previa autorizzazione dell’Amministrazione vigilante.
Nella norma in commento si dispone, infine, che i proventi ricavati dagli affitti dei beni  (ex) demaniali nonché di quelli appartenenti agli Enti pubblici statali, nella misura del 90 per cento, verranno assegnati ad integrazione delle disponibilità del Fondo di solidarietà nazionale incentivi assicurativi, di cui all’art. 15, co. 2, D.Lgs n. 102/2004.
A prescindere dal fatto che la misura richiederà tempi di attuazione non brevissimi e l’emanazione di atti dispositivi ed integrativi, di cui occorrerà valutare il contenuto e la positività, ci limitiamo ad evidenziare che essa concretizza solo parzialmente le richieste che Confagricoltura ha ripetutamente formulato in questi mesi in merito alla gestione delle superfici “inutilizzate” di proprietà degli Enti pubblici, avuto riguardo in particolare a tre aspetti: essa è limitata al solo affitto e non prevede la cessione definitiva; gli imprenditori che possono acquisire i beni sono solo i giovani imprenditori agricoli; non è previsto alcun coinvolgimento nell’operazione delle Organizzazioni professionali agricole.

Interventi di tipo finanziario, agevolazioni contributive, credito d’imposta, incentivi all’occupazione; e poi misure specifiche, a livello nazionale e comunitario, per i settori produttivi particolarmente in difficoltà. Sono queste le richieste al ministro Zaia ed al governo contenute in un documento approvato oggi dal Comitato Direttivo di Confagricoltura, in cui si rimarca che il settore primario ha un ruolo fondamentale nel contrastare la recessione.
– CREDITO – La quota di indebitamento a breve (circa 20 miliardi di euro) nei confronti del sistema bancario del settore agricoltura è consistente e ultimamente in aumento rispetto anche all’ammontare complessivo degli impieghi creditizi del settore. Confagricoltura chiede interventi su due fronti: da un lato per agevolare la ristrutturazione ed il consolidamento di tali esposizioni creditizie; dall’altro per la sospensione dei pagamenti relativi alle esposizioni creditizie, nell’ottica di dare respiro alle imprese. Proposta anche una rivisitazione degli strumenti per la valutazione del merito creditizio e l’accesso a meccanismi di garanzia.
– PROGRAMMI DI INVESTIMENTO – Confagricoltura chiede di incentivare l’acquisizione di beni strumentali  attraverso la concessione del credito d’imposta per gli investimenti relativi a domande presentate e istruite favorevolmente dagli enti incaricati ma non finanziate per mancanza di fondi.
– LAVORO – E’ indispensabile intervenire, anche temporaneamente, sui meccanismi che condizionano l’accesso a benefici e sovvenzioni comunitarie alla regolarità della contribuzione previdenziale, per evitare distorsioni che penalizzano finanziariamente le imprese.
Per Confagricoltura vanno poi posti in essere interventi per contenere il costo del lavoro agricolo (con un cuneo fiscale) per i rapporti di lavoro a tempo determinato che vengono rinnovati (in tal modo si dà anche stabilità occupazionale). Quindi si sollecita un credito d’imposta per l’incremento occupazionale. E’ già previsto dalla normativa e dotato di apposita copertura finanziaria (10 milioni di euro per l’anno 2008); inspiegabilmente non ha ancora trovato applicazione per mancanza di indicazioni operative da parte delle amministrazioni competenti (Agenzia per le entrate e INPS).
– SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA – Confagricoltura chiede un drastico alleggerimento del carico burocratico-amministrativo che grava sulle imprese, in particolare per quanto riguarda le norme su:
i pagamenti della Pac;
il rispetto dei requisiti ambientali;
la gestione della manodopera aziendale.
– ANTICIPO PAGAMENTI PAC – Palazzo della Valle chiede di anticipare i pagamenti della Politica agricola comune per la corrente campagna, da dicembre a luglio 2009.
– MISURE SETTORIALI – L’Organizzazione degli imprenditori agricoli ha definito anche una serie di proposte specifiche (interventi in ambito nazionale e comunitario) per i settori maggiormente in crisi: latte, carne bovina, cereali, suini ed olio d’oliva.


Con la pubblicazione della legge di conversione del D. L. n. 207/2008, c. d. Decreto “Mille proroghe” (L. n. 14/2009 su G. U. n. 49 del 28.2.09), si è concluso l’iter delle disposizioni di fine anno che hanno introdotto rilevanti misure per contrastare la crisi economica e, segnatamente per il comparto agricolo, sancito l’esclusione dalla soggettività ICI dei fabbricati rurali. Si ricorda che le norme per rilanciare l’economia sono contenute nel D. L. n. 185/08 conv. in L. n. 2/2009, di cui abbiamo già dato una prima informativa con circolare confederale n. 13239 del 3 dicembre 2008. Di seguito si illustrano le misure di maggiore interesse dopo le modifiche intervenute in sede di conversione dei decreti legge.

ICI sui fabbricati rurali
Dopo un’estenuante controversia tra i Comuni e le imprese agricole circa la rilevanza ai fini ICI dei fabbricati rurali, con l’art. 23, comma 1 bis del  Decreto “Mille proroghe” è stata stabilita definitivamente l’esclusione dall’imposta locale sugli immobili dei fabbricati rurali atteso che la capitalizzazione del reddito dominicale già include il valore dei fabbricati nella determinazione della base imponibile dei terreni agricoli. Più precisamente, a mente della suddetta disposizione, con valenza di norma d’interpretazione autentica in seguito al richiamo all’art. 1, comma 2, della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), “ l’art. 2, comma 1, lett. a) del Decreto Legislativo n. 504/92 deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del Decreto Legge 30 dicembre 1993 n. 557, convertito con modificazioni, dalla Legge 26 febbraio 1994, n. 133 e successive modificazioni”. In breve, non si considerano fabbricati ai fini ICI gli immobili “iscritti o iscrivibili” nel catasto fabbricati, quando ricorrano i requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del D. L. n. 557/93, con l’evidente intento di fugare ogni dubbio circa la tesi sostenuta nelle recenti sentenze della Cassazione secondo cui l’astratta iscrivibilità al catasto del fabbricato rurale è presupposto sufficiente per l’applicazione dell’imposta. I requisiti di ruralità stabiliti dall’art. 9 del predetto D. L. n. 557 riguardano, com’è noto, sia i fabbricati ad uso abitativo che quelli ad uso strumentale alle attività agricole ex art. 2135 del C. C., tra cui sono inclusi, in base alle modifiche apportate dall’art. 42 bis, comma 1, lett. a), del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, nella L. 29 novembre 2007, n. 222, i fabbricati destinati alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi di cui all’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228. In conseguenza dell’inequivocabile tenore della disposizione in commento, è legittimo attendersi dagli enti locali il ritiro ovvero l’annullamento per autotutela degli avvisi di accertamento emessi di recente sul presupposto della pretesa rilevanza ai fini dell’ICI dei fabbricati rurali. Sul punto, è opportuno consultare direttamente gli uffici comunali competenti per conoscere eventuali determinazioni in tal senso. Resta inteso che, nel caso di mancanza di iniziative appropriate da parte degli stessi uffici, è necessario vigilare sui termini di scadenza per l’opposizione agli atti impositivi, al fine di far valere gli effetti della disposizione interpretativa in sede contenziosa.

Rivalutazione degli immobili iscritti in bilancio
L’art. 15, commi 16 e seguenti del D. L. n. 185/2008, consente di rivalutare nel bilancio 2008 gli immobili, diversi dalle aree fabbricabili e dai beni merce, con effetti ai fini civilistici oppure, previo versamento di un’apposita imposta sostitutiva, anche ai fini fiscali. La rivalutazione deve riguardare tutti i beni immobili compresi in una delle categorie omogenee degli immobili ammortizzabili o degli immobili non ammortizzabili. Tra i primi si annoverano i fabbricati strumentali sia per natura che per destinazione e nei secondi i terreni agricoli.

Soggetti interessati
Possono usufruire della rivalutazione i soggetti indicati nell’art. 73, c. 1, lett. a) e b) del TUIR (Spa, Srl, enti commerciali, consorzi, cooperative), a condizione che non utilizzino i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio, nonché le società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate. Inoltre, in base al richiamo alla Legge 342/2000, possono avvalersi della rivalutazione anche le imprese individuali per i beni immobili detenuti in regime d’impresa. Per queste ultime e per le società di persone la rivalutazione è ammessa anche se si adotta la contabilità semplificata (Circolare Agenzia delle Entrate n. 8/E del 13 marzo 2009 par. 2.2.).

Rivalutazione con effetti solo civilistici
La rivalutazione può avere effetti solo civilistici, senza cioè ottenere riconoscimenti ai fini fiscali, con nessun obbligo di versamento di imposte sostitutive. I vantaggi della rivalutazione solo in sede civilistica si sostanziano nella possibilità di incrementare i valori dei beni rivalutabili, e cioè degli immobili risultanti nell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 (normalmente nel bilancio al 31.12.2008) e già posseduti alla stessa data del 31.12.2007, con conseguente aumento del patrimonio netto. Una maggiore capitalizzazione dell’impresa potrebbe permettere un più facile ricorso al credito senza chiedere interventi ai soci oppure essere utilizzata per neutralizzare le perdite d’esercizio 2008, al fine di evitare l’applicazione delle norme civilistiche che richiedano la ricapitalizzazione (ad es. perdita che eccede 1/3 del capitale ex art. 2447 C.C. ). Il valore da attribuire ai beni rivalutati non può essere superiore al valore di mercato o al maggiore importo che può essere determinato in base alla capacità produttiva e alla possibilità di utilizzazione. La rivalutazione è effettuata in deroga all’art. 2426 del C.C. e di ogni altra disposizione di legge e va annotata nell’inventario e nella nota integrativa.

Rivalutazione con effetti fiscali
La rivalutazione può assumere valori fiscali ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP mediante il versamento di un’imposta sostitutiva pari al 3 per cento per gli immobili ammortizzabili e all’1,5 per cento con riferimento agli immobili non ammortizzabili (misure fissate da ultimo dall’art 5 del D. L. n. 5 del 10.02.2009). In tal caso, il maggior valore attribuito ai beni produce effetto per il computo degli ammortamenti deducibili ai fini fiscali a partire dal quinto esercizio successivo a quello in cui è stata effettuata (2013), mentre eventuali cessioni dei beni rivalutati, loro assegnazione ai soci, destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero consumo personale o familiare dell’imprenditore, assumono rilevanza ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze a partire dal sesto esercizio successivo (2014).
L’imposta sostitutiva può essere versata in un’unica soluzione, entro il termine di versamento a saldo delle imposte relative al periodo d’imposta in cui la rivalutazione è eseguita, oppure in tre rate annuali con l’applicazione degli interessi legali del 3 per cento annuo per le rate successive alla prima.
Circa la convenienza per le società agricole ad eseguire la rivalutazione con rilevanza fiscale, è opportuno valutare il valore di iscrizione in bilancio dei terreni agricoli, specialmente se acquistati in tempi remoti, atteso che per effetto della fissazione all’1,5 per cento della sostitutiva e del probabile maggior valore dei terreni nei casi di futura cessione (ancorché con effetti dal 2014), può risultare conveniente ricorrere alla stessa rivalutazione. Si ricorda, infatti, che la cessione, assegnazione, ecc. dei terreni agricoli da parte delle società, ad eccezione delle società semplici, è sempre soggetta a tassazione ordinaria anche nel caso di opzione per la determinazione catastale del reddito a norma dell’art. 1, c. 1093 della Legge n. 296/06.
Va, tuttavia, evidenziato l’effetto che la rivalutazione produce nell’ambito della normativa sulle società di comodo. Ed infatti, nel caso di rivalutazione solo civilistica, i maggiori valori degli immobili non rileveranno ai fini della determinazione degli asset patrimoniali su cui si effettua il “test di operatività” per qualificare o meno la società di comodo. Viceversa, con la rilevanza fiscale, i valori post-rivalutazione, sia pure dal 2013, rileveranno sia ai fini del calcolo del “test di operatività” che del reddito minimo.
Saldo attivo di rivalutazione
A fronte dei maggiori valori attribuiti agli immobili in sede di rivalutazione deve essere costituito, almeno per i soggetti in contabilità ordinaria, un apposito fondo, al netto dell’imposta sostitutiva, riferito alla legge di rivalutazione (D.L. 185/2008) che assume la natura di riserva di rivalutazione (saldo attivo).
Es. contabile:
Immobili
–       Diversi
–       Riserva di rivalutazione D. L. 185/2008
–       Debito vs. erario imposta sostitutiva
Ai fini fiscali, la riserva è qualificata in sospensione d’imposta. Ciò significa che concorre a determinare il reddito dei soggetti che effettuano la rivalutazione, ad eccezione del caso della rivalutazione ai soli effetti civilistici (dove le imposte sono comunque calcolate sui valori dei beni prima della rivalutazione, es. ammortamenti, plusvalenze), se viene utilizzata per cause diverse dalla copertura di perdite d’esercizio.
Nel caso di distribuzione ai soci della riserva si avranno i seguenti effetti:
– la distribuzione da parte di una società di capitali ha come effetto l’incremento del reddito imponibile ai fini IRES della stessa società per l’importo pari alla riserva al lordo dell’imposta sostitutiva. In capo al socio si registreranno dividendi riferiti all’utile del 2008, con l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta del 12,5 per cento nel caso di partecipazioni non qualificate o mediante il concorso al reddito imponibile del 49,72 per cento dei dividendi, per la partecipazione qualificata;
– nel caso di distribuzione da parte di una società di persone, si avrà un aumento del reddito da attribuire ai soci per trasparenza.

Affrancamento del saldo attivo
A norma dell’art. 15, c. 19 del D. L. n. 185/2008 il saldo attivo della rivalutazione può essere “affrancato” mediante l’applicazione di un’apposita imposta sostitutiva pari al 10 per cento, da versare secondo le modalità e i tempi già visti sopra relativi al versamento dell’imposta sostituiva sulla rivalutazione (3 o 1,5 per cento).
A seguito dell’affrancamento, evidentemente, la distribuzione del saldo attivo non comporterà il concorso dello stesso al reddito imponibile del soggetto che ha proceduto alla rivalutazione.
IVA con esigibilità differita
L’art. 7 del D. L. n. 185 in commento, prevede per i contribuenti rientranti in un determinato volume d’affari, che sarà stabilito con un apposito decreto ministeriale (si presume intorno a 200.000 euro), la possibilità di versare l’IVA al momento dell’incasso del corrispettivo invece che al momento dell’emissione della fattura. La disposizione si applica per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate verso clienti a loro volta soggetti passivi dell’IVA e non per quelle effettuate nei confronti dei privati consumatori. I clienti dei soggetti che optano per il versamento differito, al loro volta, devono posticipare la detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti al momento in cui eseguono il pagamento.
Il nuovo sistema entrerà concretamente in vigore dopo la preventiva autorizzazione comunitaria e prevede:
a) la scelta di applicare il differimento per singole operazioni previa specifica annotazione in fattura;
b) il versamento dell’imposta, comunque, dopo il decorso di un anno dall’operazione, salvo nel caso di fallimento del cessionario o committente o di assoggettamento a procedure esecutive prima del pagamento. In tal caso l’esigibilità può essere ulteriormente sospesa.
La disposizione sul differimento, come già detto, non si applica per le operazioni effettuate nei confronti dei privati e per quelle rese dai soggetti che applicano l’IVA in base a regimi speciali come gli imprenditori agricoli (art. 34 Dpr n. 633/72).

Una delle conseguenze più rilevanti derivanti dall’applicazione del nuovo sistema riguarda la necessità di organizzare i sistemi contabili in modo da rilevare il flusso finanziario delle singole operazioni, ai fini della liquidazione dell’imposta per il periodo di riferimento (mese, trimestre). Si pensi alle forniture con regolamento frazionato dei pagamenti. In tal caso, l’esigibilità si considererà verificata pro quota in relazione al pagamento parziale e di conseguenza l’IVA relativa andrà computata nella liquidazione del periodo in cui avviene il pagamento. A loro volta i cessionari o committenti potranno esercitare la detrazione per la quota dell’imposta riferita allo stesso pagamento parziale (v. circolare n. 8/E del 13.3.2009, par. 6.7). Le nuove norme si applicano, inoltre, anche per le cessioni o prestazioni effettuate nei confronti degli enti non commerciali (es. UPA e Federazioni) che svolgono un’attività d’impresa rilevante ai fini IVA, ancorché i beni e i servizi acquistati siano destinati a essere promiscuamente adibiti all’esercizio dell’ attività d’impresa e dell’attività istituzionale.