Oggetto: IMPOSTE E TASSE
– D.L. n. 98/2011 convertito in Legge n. 111/2011 (G.U. n. 164 del 16/07/2011)
– Provvedimento Direttore Agenzia delle Entrate 2011/119854 del 13/09/2011
– Circolare n. 1/DF – Dipartimento delle Finanze
– Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 82/E del 05/08/2011
Si illustrano di seguito le ulteriore misure contenute nel provvedimento in oggetto in materia di contenzioso, di definizione delle controversie tributarie e di riscossione delle somme dovute in base agli avvisi di accertamento con efficacia esecutiva.
Definizione delle liti fiscali pendenti (Art. 39 c. 12)
Al fine di ridurre le pendenze nel contenzioso tributario, le liti fiscali di valore non superiore ai 20.000 euro in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, pendenti alla data del 1° maggio 2011, dinanzi alle Commissioni tributarie o al Giudice ordinario in ogni grado di giudizio, possono essere definite con il pagamento delle seguenti somme:
a) 150 euro, se la lite non supera i 2.000 euro;
b) 30% del valore della lite, nel caso in cui il giudizio penda ancora in primo grado senza che sia stata resa alcuna pronuncia giurisdizionale;
c) 10% del valore della lite, nel caso di soccombenza dell’amministrazione finanziaria nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale;
d) 50% del valore della lite, nel caso di soccombenza del contribuente nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale.
Per valore della lite s’intende la somma delle imposte richieste con l’atto impositivo, con esclusione degli interessi, delle indennità di mora e delle sanzioni irrogate. Nel caso la controversia verta sulle sole sanzioni, il valore è dato dalla somma di quest’ultime.
Sono escluse dalla definizione le liti aventi ad oggetto il rifiuto espresso o tacito alla restituzione dei tributi, gli avvisi di liquidazione e i ruoli (cartelle di pagamento) riguardanti la fase della riscossione (es. ruoli emessi per la liquidazione e controllo formale delle dichiarazioni ex art. 36 bis D.P. R. n. 600/73).
Le somme dovute per la definizione devono essere versate mediante l’utilizzo del Mod. F24 – Versamenti con elementi identificativi (Ris. n. 82/E), con il codice tributo:
– 8082 denominato: “Liti fiscali pendenti” – Definizione ai sensi dell’art. 39, comma 12, del D.L. n.98/2011.
Tale modello, si ricorda, non consente la compensazione ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs. n. 241/97.
Il versamento, in un’unica soluzione, va effettuato, per ciascuna lite fiscale autonoma, entro il 30 novembre 2011.
Al fine del perfezionamento della definizione, oltre all’integrale pagamento delle somme dovute, deve essere presentata apposita domanda di definizione, entro il 31 marzo 2012, da parte del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio. Il modello di domanda (www.agenziaentrate.it) è stato approvato con provvedimento del direttore dell’ Agenzia delle Entrate del 13/09/2011. Il modello, contenente i dati per l’identificazione del dichiarante o del suo rappresentante, per l’individuazione della lite fiscale e l’indicazione dei versamenti effettuati al fine della definizione, deve essere presentato esclusivamente in via telematica dai soggetti abilitati dall’Agenzia dell’Entrate (Entratel, ecc.) ovvero tramite i soggetti incaricati a norma dell’art. 3 del D.P.R. n. 322/1198 (Caf, professionisti, ecc.) o rivolgendosi a qualsiasi Direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate.
Qualora non ci siano somme da versare, per effetto di eventuali scomputi di quanto già versato in corso di giudizio (v. infra), la definizione si perfeziona mediante la sola presentazione della domanda. In caso di errore scusabile nell’individuazione delle somme da versare, quelle versate in eccesso saranno restituite previa verifica da parte delle Direzioni regionali o provinciali competenti.
Come già detto, dalle somme dovute per la definizione possono essere scomputate quelle già pagate per tributi, sanzioni, interessi ed indennità di mora in pendenza di giudizio, fino alla data di presentazione della domanda. Se le somme versate superano l’importo della definizione non è previsto il rimborso, salvo per il caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate.
Le liti fiscali definibili sono sospese fino al 30/06/2012. Sono, altresì, sospesi, fino alla stessa data del 30/06/2012, i termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per Cassazione, compresi i termini per la costituzione in giudizio. Nel caso di presentazione della domanda di definizione, le liti sono sospese fino al successivo 30/09/2012, termine entro il quale gli uffici devono attestare la regolarità della domanda di definizione.
Reclamo e mediazione (art. 39, c. 9)
Con l’introduzione dell’art. 17 bis al D. Lgs. n. 546/92, recante norme sul contenzioso tributario, è previsto il nuovo istituto del reclamo e della mediazione che deve essere esperito, a pena di inammissibilità del ricorso, per tutte le controversie ove è parte l’Agenzia delle Entrate, di valore non superiore a 20.000 euro. Il valore della controversia va determinato con riferimento all’ammontare delle imposte in contestazione (v. paragrafo precedente).
Il reclamo deve essere presentato alla Direzione provinciale o a quella regionale che ha emanato l’atto, che devono istituire apposite strutture, diverse da quelle che istruiscono gli atti di accertamento, per la trattazione del reclamo. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di procedura dello stesso D. Lgs. n. 546/92.
Con il reclamo può essere presentata una motivata proposta di mediazione per la rideterminazione dei valori della pretesa erariale. Decorsi 90 giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso, per cui i termini per costituirsi in giudizio decorrono dalla stessa data. Nel caso di mancato accoglimento del reclamo da parte dell’Agenzia delle Entrate, notificato antecedentemente, i termini decorrono dal ricevimento del diniego ovvero dalla notificazione dell’accoglimento parziale.
Le nuove disposizioni sul reclamo e la mediazione si applicano per gli atti notificati a decorrere dal 01/04/2012.
Contributo unificato (art. 37, co. 6 e 7 – D.L. n. 138/2011 conv. in L. n. 148/2011 – Art. 2, co. 35 bis)
A far data dall’entrata in vigore del D.L. n. 98/2011, cioè dal 07/7/2011, in luogo dell’imposta di bollo, si applica, nel processo tributario, il contributo unificato, già vigente per i processi civili e amministrativi. Il contributo unificato è dovuto per i ricorsi principali e incidentali proposti innanzi alla commissioni tributarie.
Più in particolare, sulla base dei principi stabiliti dal TUSG (Testo Unico delle Spese di Giustizia – D.P.R. n. 115/2002), il contributo unificato si applica per:
a) il ricorso e l’appello principale;
b) l’appello incidentale;
c) la riassunzione della causa a seguito di rinvio da parte della Corte di Cassazione;
d) l’istanza di revocazione ex art. 395 c.p.c.;
e) l’opposizione del terzo, ex art. 404 c.p.c.;
f) il ricorso in ottemperanza di cui all’art. 70 del D. Lgs. n. 546/92;
g) il caso di motivi aggiunti che configurano la proposizione di un nuovo ricorso avverso atti non indicati in quello introduttivo e depositati in corso di giudizio;
h) il reclamo con o senza proposta di mediazione di cui al nuovo art. 17 bis del D. Lgs. n. 546/92, al momento del deposito in segreteria della commissione tributaria provinciale, decorso il termine dei 90 giorni o il termine più breve nel caso di rigetto o di accoglimento parziale dello stesso reclamo (v. sopra).
Il contributo unificato non è dovuto, tra l’altro, per le richieste di sospensione cautelare, (ex art. 47 del D.Lgs. n. 546/92), anche nel caso in cui siano proposte con atto separato rispetto al ricorso e per la proposizione di motivi aggiunti a ricorsi per atti già impugnati.
· Misura del contributo e valore della lite
Il contributo unificato è dovuto con i seguenti importi:
a) 30,00 euro, per le controversie di valore fino a 2.582, 28 euro;
b) 60,00 euro, per le controversie di valore superiore a 2.582,28 e fino a 5.000,00 euro;
c) 120,00 euro per le controversie di valore superiore a 5.000 e fino a 25.000,00 euro;
d) 250,00 euro per le controversie di valore superiore a 25.000 e fino a 75.000 euro;
e) 500,00 euro per le controversie di valore superiore a 75.000 e fino 200.000 euro;
f) 1.500 euro per le controversie di valore superiore a 200.000 euro.
Per le controversie di valore indeterminabile (es.: controversie in materia catastale, in ordine all’intestazione, delimitazione, figura, estensione e classamento dei terreni, ecc.), il contributo unificato è pari a 120 euro.
Il contributo unificato, inoltre, è aumentato in misura pari alla metà ove il difensore non indichi nel ricorso o nell’atto di appello il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) e il numero di fax ovvero la parte ometta di indicare il proprio codice fiscale.
Il valore della controversia, determinato ai sensi dell’art. 12, c. 5, del D. Lgs. n. 546/92, pari all’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate ovvero nel caso di controversie per sole sanzioni, pari alla somma di quest’ultime, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni del ricorso, anche nell’ipotesi di prenotazione a debito (pagamento da parte degli uffici finanziari), indipendentemente dal valore dichiarato nella nota di iscrizione a ruolo da presentare insieme al ricorso (v. infra).
L’omessa indicazione del valore della controversia nelle conclusioni del ricorso comporta l’applicazione del contributo unificato nella misura massima di 1.500 euro.
Per l’individuazione del valore della controversia, va tenuto presente che nel giudizio di primo grado il valore dovrà essere determinato con riferimento all’ammontare del tributo oggetto del ricorso principale ovvero se l’atto impugnato contenga più tributi, con riferimento al valore del tributo di cui si chiede l’annullamento. Nei giudizi di secondo grado, l’ammontare della controversia sarà determinato in base al contenuto della sentenza. Se la sentenza accoglie o respinge per intero il ricorso, il valore della lite dell’appello sarà pari a quello del primo grado. Nel caso di accoglimento parziale del ricorso, il valore andrà commisurato a quanto stabilito nella sentenza appellata.
· Pagamento del contributo unificato
Il contributo unificato può essere corrisposto utilizzando il Mod. F23 (www.finanze.it o www.agenziaentrate.it ), il c.c.p. intestato alla Sez. di Tesoreria dello Stato competente per provincia o tramite le rivendite di generi di monopolio e di valori bollati.
· Nota di iscrizione a ruolo
Come già segnalato, al momento della costituzione in giudizio presso le Commissioni tributarie (a partire dal 17 settembre u. s., data di entrata in vigore della legge n. 148/2011 di conversione del D.L. n. 138/2011) deve essere depositata una nota di iscrizione a ruolo (www.finanze.it). Nel modello devono essere indicati i dati relativi al ricorso compresi quelli necessari alla liquidazione del contributo unificato (valore della controversia). La nota va depositata, insieme agli altri documenti, entro il termine dei 30 giorni dalla notifica del ricorso. Il mancato deposito non comporta l’inammissibilità del ricorso, ma la sua improcedibilità.
Avvisi di accertamento con efficacia esecutiva (art. 29 D.L. 78/2010)
Come già comunicato (v. circolari confederali nn. 13800 del 25/07/2011 e 13811 dell’ 08/09/2011), gli avvisi di accertamento, emessi a partire dal 01/10/2011, costituiscono titolo per la riscossione del tributo e per l’esecuzione forzata, senza il passaggio per le precedenti fasi dell’iscrizione a ruolo e dell’emissione della cartella di pagamento.
Tuttavia, l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella di pagamento continueranno ad essere ancora necessari per la riscossione derivante dall’attività di liquidazione e dal controllo formale delle dichiarazioni (art. 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/73). La nuova disciplina riguarda gli accertamenti relativi alle imposte sui redditi e le relative addizionali, l’IVA e l’IRAP, con riferimento ai periodi d’imposta dal 2007 e seguenti.
Gli atti di accertamento “esecutivi” devono contenere l’intimazione ad adempiere entro il termine di presentazione del ricorso (60 giorni), che può diventare più lungo nel caso, ad esempio, di presentazione di istanza di accertamento con adesione. Decorsi trenta giorni dal predetto termine, senza che si sia provveduto al pagamento, la riscossione delle somme è affidata all’Agente della riscossione (Equitalia), ai fini dell’esecuzione forzata. Quest’ultima viene, comunque, sospesa per un periodo di 180 giorni dall’affidamento all’Agente della riscossione, fatta eccezione per le azioni cautelari e conservative che l’Ente impositore può, comunque, porre in essere per la tutela del credito erariale. In breve, fermo restando la sospensione di 180 giorni dell’esecuzione forzata, indipendentemente dal fatto che sia stato presentato o meno ricorso, l’Agenzia dell’Entrate o l’Agente della riscossione potranno comunque procedere al sequestro conservativo, ad iscrivere ipoteca sui beni del contribuente, al fermo amministrativo, ecc.. Peraltro, la sospensione dell’esecuzione forzata non opera in presenza della conoscenza di elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo per la riscossione.
· Presentazione del ricorso
Nel caso di opposizione alla pretesa erariale attraverso la presentazione del ricorso, è dovuto, a titolo provvisorio, un terzo delle maggiori imposte accertate, più gli interessi. Pertanto, l’avviso di accertamento costituirà titolo esecutivo per tale ammontare. Con il ricorso o con atto separato il ricorrente può chiedere, a norma dell’art. 47 del D. Lgs. 546/92, la sospensione dell’atto in attesa del giudizio di merito, in presenza di due condizioni: a) il fumus boni iuris (fondatezza delle ragioni addotte); b) il periculum in mora (conseguenze irreparabili dovute al pagamento delle imposte nel tempo necessario alla definizione del merito della controversia). In base al nuovo comma 5-bis dell’art. 47 del D. Lgs. n. 546/92, l’istanza di sospensione deve essere decisa dalla Commissione tributaria provinciale adita entro 180 giorni dalla data della sua presentazione.
Un ulteriore rimedio di natura amministrativa è previsto attraverso la richiesta di sospensione dell’ atto impositivo, presentata direttamente all’ufficio che ha emesso l’atto (art. 39 del D.P.R. n. 602/73), sussistendo i requisiti citati sopra del fumus boni iuris e del periculum in mora. Va da sé, che il contribuente potrà comunque, avvalersi, altresì, dell’istituto dell’autotutela per chiedere l’annullamento dell’avviso di accertamento.