Si tratta di un primo pacchetto di misure del cd. Jobs Act, un piano di politiche per il lavoro varato nel Consiglio dei ministri del 12 marzo 2014. Le norme contenute nel d.l. 34/2014 sono entrate in vigore il 21.03.2014

Come noto, nella seduta del 12 marzo u.s., il Consiglio dei Ministri ha approvato alcune misure in materia di lavoro e previdenza (cd. “Jobs Act”) attraverso l’adozione di un decreto legge (per le misure più urgenti sul contratto a termine, l’apprendistato e la semplificazione del DURC) e di un disegno di legge delega (per le misure più complesse sulle tipologie contrattuali, sugli ammortizzatori sociali, sulla semplificazione degli adempimenti in materia di lavoro, sul riordino dei servizi per l’impiego e sulla conciliazione dei tempi di vita e lavoro).
Nella stessa seduta sono state varate altresì alcune misure in materia fiscale, concernenti l’IRPEF e l’IRAP, che dovrebbero avere diretta incidenza sul costo del lavoro.
Al momento tra i provvedimenti approvati e preannunciati dal governo in materia di lavoro, l’unico che ha visto la luce è il Decreto Legge n. 34 del 20 marzo 2014 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo u.s., recante “Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese“.
Le disposizioni in questione – che attengono alla disciplina dei contratti a termine, dell’apprendistato e del DURC – sono entrate in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (e cioè il 21 marzo 2014).
Qui di seguito una prima sintetica illustrazione dei provvedimenti varati, con particolare attenzione ai riflessi sulle imprese agricole.

Contratto a tempo determinato (art.1)

Il decreto legge in commento interviene sulla disciplina del contratto a tempo determinato, di cui al d.lgs. n.368/2001, anche al fine di correggere alcune norme restrittive introdotte dalla cd. Riforma Fornero.
Si tratta in gran parte – con la sola importante eccezione del limite massimo di contratti a termine utilizzabili (vedi infra) – di modifiche che rendono maggiormente flessibile la disciplina dei rapporti di lavoro a tempo determinato.

Contratto a termine di durata non superiore a 36 mesi: abolizione delle causali

La modifica più importante è costituita dalla eliminazione delle causali di legge per la stipula dei contratti a tempo determinato di durata non superiore a 36 mesi.
Pertanto, ai sensi del primo periodo del nuovo comma 1 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 368/2001 (come modificato dal decreto legge in commento), è sempre consentita l’apposizione del termine nel contratto di durata non superiore a 36 mesi, comprensivo di proroghe, concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione.
Si tratta di un’importante semplificazione per l’instaurazione di rapporti di lavoro a termine. Non dovranno infatti essere più indicate nel contratto nel contratto le ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo che giustificavano, ai sensi della normativa precedentemente in vigore, la temporaneità del rapporto, e che erano spesso foriere di conflittualità.
La semplificazione si applica anche ai contratti di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 del D.Lgs. n. 276/2003.

Proroghe

Viene introdotta un’importante semplificazione in materia di proroga del contratto a tempo determinato entro il limite dei tre anni.
Ed infatti il nuovo art. 4, c. 1, prevede che in caso di contratto a tempo determinato di durata iniziale inferiore a tre anni, è possibile prorogare fino a un massimo di otto volte (in precedenza la proroga era ammessa una sola volta) entro il limite dei 36 mesi, a condizione che le proroghe si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stipulato a tempo determinato.

Limite massimo

A fronte delle norme estensive sopra descritte, il decreto legge in commento introduce per la prima volta un limite massimo di contratti a termine costituiti da ciascun datore di lavoro, il cui numero non potrà superare il 20 per cento dell’organico aziendale complessivo.
Per le imprese che occupano fino a cinque dipendenti é sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.
Sono esclusi dal predetto limite massimo del 20 per cento i contratti a tempo determinato conclusi:

  1. nella fase di avvio di nuove attività (per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici);
  2. per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, ivi comprese le attività già previste nell’elenco allegato al Decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modificazioni;
  3. per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
  4. con lavoratori di età superiore a 55 anni.

Si tratta di una novità importante che pone rilevanti problemi di carattere interpretativo – quali ad esempio quelli riguardanti i criteri di computo della forza lavoro o il periodo transitorio – sui quali sono auspicabili chiarimenti da parte del legislatore (magari in sede di conversione del decreto-legge), o del Ministero del lavoro.

Riflessi per le imprese agricole

La disciplina del rapporto di lavoro a termine (D.Lgs. n. 368/2001), come modificata dalla legge in commento, non si applica ai rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato così come definiti dall’articolo 12, c. 2, del D.Lgs. n. 375/1993 in virtù dell’espressa esclusione ai sensi dell’art. 10, c. 2, del D.Lgs. n. 368/2001, che non è stata modificata.
Pertanto nessuna innovazione di quelle sopra rappresentate è applicabile ai rapporti di lavoro a tempo determinato con gli operai agricoli (OTD), la cui disciplina – caratterizzata dalla massima flessibilità – resta invariata.
Le disposizioni in questione trovano invece piena applicazione alle imprese agricole che occupano impiegati, quadri e dirigenti.

Apprendistato (art.2)

Il decreto legge interviene anche sulla disciplina del contratto di apprendistato che, come noto, era stata rivista ad opera del D.Lgs. n. 167/2011 (cd. Testo Unico dell’apprendistato) e successivamente dalla citata Riforma Fornero, con l’obiettivo di semplificare l’adozione di tale forma contrattuale destinata all’inserimento in azienda dei giovani fino a 29 anni di età.
Queste le modifiche introdotte:

  • eliminazione della forma scritta obbligatoria per il piano formativo individuale (la forma scritta rimane solo per contratto e patto di prova);
  • eliminazione della previsione che subordinava l’assunzione di nuovi apprendisti alla conferma in servizio di eventuali precedenti lavoratori con contratto di apprendistato (nella norma previgente, per i datori di lavoro con 10 o più dipendenti, l’assunzione di nuovi apprendisti era subordinata alla trasformazione, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 30 per cento dei precedenti);
  • riduzione della retribuzione riferita alle ore di formazione al 35 per cento della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento (in precedenza invece non c’era differenza di retribuzione tra ore lavorate e ore destinate alla formazione). Vale la pena di sottolineare che tale modifica riguarda esclusivamente l’apprendistato per il conseguimento della qualifica e del diploma e non anche l’apprendistato professionalizzante (o contratto di mestiere) che rappresenta la forma più diffusa ed utilizzata nel nostro ordinamento;
  • eliminazione, per l’apprendistato professionalizzante (o contratto di mestiere), dell’obbligo di formazione finalizzata all’acquisizione di competenze di base e trasversali a carico del sistema formativo pubblico (rimane invece obbligatoria la formazione professionalizzante).

Semplificazioni in materia di Documento Unico di Regolarità Contributiva – DURC (art.4)

La norma in commento modifica profondamente la precedente normativa in materia di regolarità contributiva, con l’obiettivo di superare l’attuale procedura per la richiesta/emissione del DURC (documento unico di regolarità contributiva).
Viene infatti introdotto il principio secondo cui la regolarità contributiva debba essere verificabile da chiunque vi abbia interesse in tempo reale e con modalità esclusivamente telematiche. Il DURC sarà dunque sostituito da una nuova procedura semplificata di interrogazione/consultazione delle banche dati degli istituti preposti (INPS, INAIL, Casse edili) il cui esito avrà una validità di 120 giorni.
I requisiti, i contenuti e le modalità di tale nuova forma di verifica di regolarità contributiva saranno definiti entro 60 giorni con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (sentiti INPS e INAIL) alla cui emanazione è subordinata l’effettiva entrata in vigore delle predette nuove regole.
Il decreto ministeriale – suscettibile di successivi aggiornamenti anche a seguito di evoluzioni tecnico/informatiche – dovrà rispettare i seguenti principi:

  • la verifica della regolarità in tempo reale riguarda i pagamenti scaduti sino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata (purché sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce contributive);
  • la verifica della regolarità comprende la contribuzione previdenziale ed assistenziale relativa alle collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto;
  • l’interrogazione unitaria ed integrata degli archivi degli enti preposti (INPS, INAIL Casse edili) avviene attraverso l’indicazione del codice fiscale del soggetto da verificare;
  • nelle ipotesi di godimento di benefici normativi e contributivi sono individuate le tipologie di pregresse irregolarità di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro da considerare ostative alla regolarità (ai sensi dell’articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296).

Si tratta in sostanza di una “smaterializzazione” del DURC, la cui portata potrà essere concretamente verificata solo dopo l’emanazione del decreto ministeriale di attuazione e la reale messa in opera della procedura telematica. In tale ottica la Confederazione si adopererà affinché la preannunciata semplificazione possa aiutare a risolvere le annose criticità concernenti la compensazione tra AGEA e INPS per i debiti contributivi.