Nell’ultimo decennio lo Stato Italiano, per stimolare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ha introdotto una serie di incentivi per le imprese agricole affinché le stesse investissero in queste iniziative.
Le misure incentivanti consistevano principalmente nel pagamento di un contributo aggiuntivo al prezzo di vendita dell’energia elettrica e nella sostanziale detassazione del reddito derivante dall’esercizio di queste attività: l’articolo 1, comma 423 della legge 23.12.2005 n. 266, prevedeva infatti che la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, effettuata da imprenditori agricoli – in presenza di circostanziate condizioni – fossero da considerarsi attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, 3° comma del codice civile e quindi produttive di solo reddito agrario (e pertanto non ulteriormente tassate).
Con questi presupposti molte aziende agricole hanno investito nel settore energetico, impegnando cospicue risorse (quasi sempre ricorrendo a finanziamenti bancari) nella ragionevole aspettativa che i contratti con il GSE fossero rispettati per il periodo contrattualizzato e che fosse mantenuto il regime fiscale agevolativo.
Nella nostra provincia esistono attualmente 19.024 impianti fotovoltaici così suddivisi: 4.747 fino a 3 KW di potenza nominale (impianti uso abitativo); 12.907 impianti da 3 a 20 KW, 1.217 da 20 a 200 KW, 151 da 200 a 1000 KW e 4 impianti sopra i 1.000 KW. Molti degli impianti tra i 200 e i 1.000 KW sono state realizzati da imprese agricole. Sono presenti inoltre una ventina di impianti di biogas di potenza nominale superiore 200 KW.
Negli ultimi mesi lo Stato Italiano sembra deciso a “rimangiarsi” gran parte degli incentivi che si era obbligato a riconoscere agli imprenditori agricoli titolari degli impianti fotovoltaici e di biogas.
Gli atti normativi con cui il Governo e il Parlamento sono intervenuti nel settore delle agroenergie sono:
D.L. n. 145/2013 convertito in L. n. 9/2014 (cosiddetto Destinazione Italia)
– l’articolo 1 apporta modifiche ai valori dei prezzi minimi garantiti per la cessione dell’energia elettrica .
A decorrere dal 1º gennaio 2014, i prezzi minimi garantiti, definiti dalla Autorità per l’Energia Elettrica, sono pari, per ciascun impianto, al prezzo zonale orario nel caso in cui l’energia ritirata sia prodotta da impianti che accedono ad incentivazioni a carico delle tariffe elettriche sull’energia prodotta, ad eccezione dell’energia elettrica immessa da impianti fotovoltaici di potenza nominale fino a 100 KW.
– il comma 3 dell’articolo 1 propone un’alternativa ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di incentivi sotto forma di certificati verdi, tariffe omnicomprensive ovvero tariffe premio. Essi possono scegliere tra due opzioni: continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo residuo ovvero optare per una rimodulazione dell’incentivo spettante (riduzione percentuale dell’incentivo da definirsi con decreto MISE).
Nel primo caso, per un periodo di 10 anni, interventi di qualunque tipo realizzati sullo stesso sito non hanno diritto di accesso ad ulteriori strumenti incentivanti, incluso il ritiro dedicato e lo scambio sul posto.
D.L. n. 66/2014 convertito il L. n. 89/2014 (cosiddetto “Competitività”)
l’articolo 22 del DL 66 stabilisce che la produzione di energia elettrica da parte delle aziende agricole non rientra più nel reddito agrario ma si considera attività connessa con un coefficiente di redditività pari al 25 per cento dei corrispettivi di vendita dell’energia elettrica (con esclusione della quota di incentivo) a partire dal 2015.
A partire dal 2014 vale la medesima disposizione ma è prevista, per questo periodo transitorio, una franchigia di 260.000 KWh per il fotovoltaico è di 2.400.000 KWh per il biogas.
È comunque fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari.
D.L. n. 91 24.6.2014 (cosiddetto “Spalma incentivi”)
Il provvedimento, per gli aspetti concernenti il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, introduce una serie di disposizioni fortemente penalizzanti per il settore fotovoltaico (rimodulazione obbligatoria degli incentivi) a fronte di una ipotesi, ancora incerta, di risparmio della spesa energetica per le PMI.
Il decreto è in vigore dal 25 giugno e l’iter parlamentare per la conversione in legge partirà in Senato a breve (DDL n.1541 assegnato alle commissioni riunite 10ª – Industria, commercio, turismo – e 13ª – Territorio, ambiente, beni ambientali).
Il Decreto deve essere convertito, pena decadenza, entro il 23 agosto 2014.
Con l’articolo 25, gli oneri per lo svolgimento dell’attività del Gestore dei servizi energetici (GSE), inerente i meccanismi di incentivazione e sostegno alle imprese in materia di rinnovabili ed efficienza energetica, sono posti a carico dei beneficiari dell’attività della medesima società (attualmente tali oneri sono coperti solo in parte dai produttori). Entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, le tariffe, determinate sulla base dei costi, della programmazione e delle previsioni di sviluppo delle attività, saranno proposte dal GSE e approvate dal Ministro dello sviluppo economico entro i successivi 60 giorni. Tali tariffe saranno aggiornate ogni tre anni.
L’articolo 26 interviene sulle modalità e sulle tempistiche di erogazione degli incentivi per gli impianti fotovoltaici.
In particolare, il comma 2 ridefinisce le modalità con cui il Gestore dei Servizi Energetici SPA provvede all’erogazione degli incentivi prevedendo, già a partire dal secondo semestre 2014, la corresponsione di un acconto, con rate mensili costanti, su base annua, pari al 90% della producibilità media annua stimata di ciascun impianto e un conguaglio riconosciuto entro il 30 giugno dell’anno successivo in relazione alla produzione effettiva.
Le relative modalità operative dovranno essere rese note dal GSE entro 15 giorni dalla pubblicazione del decreto e approvate con decreto del MISE.
La nuova modalità di erogazione dell’incentivo, è evidente che potrà avere impatti anche molto pesanti sulle aziende che generalmente hanno finanziato l’impianto mediante finanziamenti bancari con canalizzazione dell’incentivo.
Nel caso poi di impianti fotovoltaici di potenza maggiore di 200 kW, a tale misura si aggiunge l’ormai noto “spalma-incentivi” (comma 3) che stabilisce, con decorrenza dal 1° gennaio 2015, un allungamento di quattro anni del periodo di incentivazione (si passa da 20 a 24 anni) ed una parallela riduzione delle tariffe incentivanti spettanti secondo una percentuale di riduzione dell’incentivo che è inversamente proporzionale al periodo residuo d’incentivazione. Di seguito si riporta la tabella (Allegato 2 al D.L.) contenente le diverse percentuali di riduzione. In caso di impianti incentivati mediante tariffe onnicomprensive introdotte dal DM 5 luglio 2012 (V conto energia) le riduzioni percentuali riguardano la sola componente incentivante della tariffa. Tale componente va calcolata come differenza tra la tariffa ed il prezzo zonale orario dell’energia.
Per gli impianti oggetto di rimodulazione, è prevista la possibilità per il produttore di energia di accedere a finanziamenti bancari, per un importo massimo pari alla differenza tra l’incentivo già spettante al 31 dicembre 2014 e l’incentivo rimodulato, sulla base di apposite convenzioni con il sistema bancario (ABI). Tali finanziamenti possono beneficiare, cumulativamente o alternativamente, di provvista dedicata e di garanzia concessa dalla Cassa depositi e prestiti SpA.
Si prevede, infine, che il produttore possa optare, in alternativa al predetto allungamento a 24 anni, per una riduzione volontaria dell’incentivo pari all’8% dell’incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del D.L., per la durata residua del periodo di incentivazione. Tale opzione deve essere esercitata e comunicata al GSE entro il 30 novembre 2014 e la riduzione decorre dal 1° gennaio 2015.
Bozza decreto MISE-MATTM di attuazione dell’articolo 1, comma 3, del D.L. 145/13, convertito nella L. 9/2014 “Destinazione Italia” che disciplina la rimodulazione volontaria degli incentivi agli impianti a fonti rinnovabili diversi dal fotovoltaico
Mentre in Senato si discute sullo “spalma incentivi” (rimodulazione obbligatoria degli incentivi per gli impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 200 kW – art. 26 del D.L. 91/14), a breve, dovrebbe essere emanato il decreto del MISE-MATTM sulla rimodulazione volontaria degli incentivi che attua l’articolo 1, comma 3, del D.L. 145/2013 convertito nella L. 9/2014 “Destinazione Italia” e riguarda le fonti rinnovabili diverse dal solare fotovoltaico.
Si ricorda che, allo scopo di contenere l’onere sulle tariffe elettriche legato allo sviluppo delle fonti rinnovabili (componente A3), la legge n. 9/14 pone i produttori di energia rinnovabile, di fronte alla scelta di continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo, rinunciando però alla possibilità di accedere ad ulteriori strumenti incentivanti, incluso il ritiro dedicato e lo scambio sul posto, per un periodo di dieci anni decorrenti dal termine del periodo di diritto al regime incentivante, oppure di optare per una riduzione dell’incentivo spettante a fronte di una maggiorazione di sette anni del periodo residuo di incentivazione.
In particolare, la bozza di decreto stabilisce le modalità di determinazione dei nuovi incentivi riconosciuti all’energia elettrica prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili esistenti, che beneficiano di incentivi quali certificati verdi, tariffe omnicomprensive e tariffe premio, diversi dai fotovoltaici e dai nuovi impianti incentivati ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, fatta eccezione per gli impianti ricadenti nel regime transitorio di cui all’articolo 30 dello stesso decreto.
Il decreto, in particolare, definisce le modalità con cui i produttori possono aderire alla rimodulazione degli incentivi e come viene determinata la riduzione.
Nella sostanza il “nuovo incentivo” viene calcolato moltiplicando il “vecchio incentivo” per un parametro K che tiene conto del periodo residuo degli incentivi ( R ) e dei costi indotti dall’operazione stessa di rimodulazione che varia in relazione al periodo residuo (p) ed alla fonte rinnovabile prevedendo un valore più elevato, seppur in minima misura nel caso di fonti diverse da eolico, geotermico ed idroelettrico (biomasse e biogas).
Nell’incontro organizzato da Confagricoltura Veneto, svoltosi il 16 giugno u.s. presso la sede di Confagricoltura Padova, cui sono stati invitati i soci titolari di impianti fotovoltaici, sono state esaminate – con l’intervento dell’Avv. Emiliano Troi – le possibilità di impugnazione della normativa per illegittimità costituzionale a causa della sua retroattività.